Curiosità Stampa

Una (Bella) Storia Virlese

Un Gioiello Virlese

L'Archivio del Conte

Il Turismo della Nostalgia

 

Testi di Piero Cavaglià

 

 

Una (Bella) Storia Virlese

C'era una volta a Virle, e c'è ancora adesso, un'antica istituzione, che risale a circa la metà del 1800. E' un'Istituto di una certa importanza, e per questo tutti sanno che esiste, ma la maggior parte dei virlesi preferisce non curarsene, come se fosse una cosa scontata o un fatto della natura per cui non ci si può fare niente. Si tratta, per chi non l'avesse ancora capito, dell'Associazione Istituto S. Vincenzo de'Paoli, associazione che nel prosieguo del presente scritto chiamerò per semplicità "Istituto", cosi' come lo chiama la maggior parte della gente di Virle: a mio parere, le cause di questo generale scarso interesse vanno cercate piuttosto lontano, e non si possono addossare solamente alla cittadinanza virlese.

Per rinfrescare un po' la memoria dei più, è necessario raccontare per sommi capi la vicenda di questa Istituzione, anche per cercare di capire le ragioni della situazione attuale, che altrimenti apparirebbe di difficile comprensione. E' una storia raccontata, com'è ovvio, dal mio personale punto di vista, e per questo potrebbe suscitare dissensi o discussioni e da cui potrebbe nascere un dibattito anche interessante.

L'Istituto, dunque, venne fondato dal testamento del dicembre 1863 della Contessa Luigia Enrichetta Birago di Vische, vedova Piossasco di None e della Volvera. Costei non aveva figli e decise di destinare la gran parte dei suoi cospicui bELLeni immobiliari - essenzialmente terreni agricoli ed il Castello- all'Istituzione di un Istituto di beneficenza che comprendesse, allora, varie attività tra le quali un educandato per giovani fanciulle; un piccolo ospedale per poveri incurabili, un asilo infantile (oggi si direbbe scuola materna), e altre opere consimili di minore importanza: Dette incarico ad un gruppo di persone suoi parenti o comunque di sua fiducia di istituire concretamente queste attività subito dopo la sua morte, e questi dettero vita all'attività dell'Istituto, retto dallo Statuto Organico approvato con Regio Decreto Reale del 30 aprile 1871.

Da questo momento si può dire che abbia origine l'attività ordinaria dell'Istituto che, sebbene in forme diverse, continua ancora adesso.

Per capire la situazione attuale dell'Istituto, e soprattutto il suo rapporto con la cittadinanza virlese, è necessario esaminare brevemente alcuni passi sia del testamento della Contessa sia dello Statuto Organico del 1871, che, sia detto per inciso, è rimasto totalmente in vigore fino alla metà degli anni '90, e quindi ha sostanzialmente determinato il funzionamento dell'Istituto fino a tempi recentissimi.

Anzitutto l'Art. 15 dello statuto del 1871 stabilisce che la sede dell'Istituto debba essere a

Torino, benchè le attività dell'Istituto si svolgano interamente a Virle. L'Art. 16 dello stesso statuto, poi stabilisce che l'Amministrazione sia composta dall'Arcivescovo di Torino quale presidente; dal maschio seniore della discendenza del Conte Emiliano Avogadro della Motta e da tre membri nominativi A VITA da eleggersi sostanzialmente dai precedenti a misura delle vacanze. Ma il passo più significativo si trova direttamente nel testamento della contessa nel quale, tra lunghi giri di parole che preferisco risparmiare, esclude in modo categorico che persone di Virle possano entrare a far parte dell'Amministrazione dell'Istituto. Se consideriamo che effettivamente l'Amministrazione dell'Istituto si riuniva sempre a Torino e gli Amministratori si recavano a Virle forse una volta all'anno, ecco che non appare difficile capire i motivi del profondo distacco esistente tra la comune sensibilità della cittadinanza virlese e questa importante istituzione.

Naturalmente in questo contesto non può essere dimenticata l'attività meritoria delle Suore, che per più di un secolo hanno garantito il concreto funzionamento dell'Istituto, ma anche loro si trovavano nella difficile situazione di "ospiti" dell'Istituto, ed erano costantemente alle prese con il problema costituito da un lato dalla loro sincera volontà di prodigarsi per il bene della cittadinanza di Virle, e dall'altro lato dalle direttive piuttosto "Torinocentriche" che ricevevano costantemente dall'Amministrazione dell'Istituto.

Come noto, agli inizi degli anni '90 le suore lasciarono la struttura dell'Istituto, e questo fatto ha messo in moto, se così si può dire, una serie di cambiamenti e ammodernamenti che non erano ormai più rinviabili, pena la chiusura dell'Istituto stesso, che si trovava a quell'epoca in condizioni sia fisiche che amministrative non più sostenibili. Vi è da dire che nel frattempo la Regione aveva emanato una serie di Leggi e direttive che le consentivano di intervenire più o meno direttamente sulle Amministrazioni degli Istituto di questo genere: L'iniziativa di rivoluzionare il vecchio assetto amministrativo dell'Istituto è dunque partita dalla Regione, che per prima ha chiesto a Don Beppe, a quell'epoca Parroco di Virle, la disponibilità di volersi far carico dell'Amministrazione nel ruolo di facente funzione del Cardinale, che pure continuava e continua tutt'ora ad essere il Presidente. A questo punto Don Beppe ha cercato altre persone di Virle disponibili a collaborare con Lui nell'Amministrazione, infrangendo così nei fatti l'antica regola secondo la quale i cittadini virlesi non potevano far parte dell'Amministrazione. E' questa una circostanza secondo me di grande importanza, su cui mi riprometto di tornare.

L'Amministrazione presieduta da Don Beppe portò a termine alcuni lavori di ammodernamento già iniziati dall' Amministrazione precedente, ed altri ne mise in cantiere, al fine di rendere la struttura dell'Istituto conforme alle norme vigenti, sia pure in misura minimale, perché le possibilità economiche di allora non consentivano di fare di più. Altre opere vengono realizzate dall'Amministrazione di Don Eugenio, succeduto a Don Beppe quale facente funzione del Presidente, ed anche queste opere vengono eseguite allo scopo principale di migliorare la qualità della vita degli ospiti e rispondere sempre meglio alle normative nazionali e regionali in materia. Con questo lotto di lavori si può dire che gli standard qualitativi della struttura della Casa di riposo assumono non soltanto un aspetto di rispondenza alle norme, ma un livello di servizi che si può definire del tutto paragonabile a quello delle altre case di riposo del paese viciniori.

Vorrei però tornare sull'opera più importante compiuta dall'amministrazione di Don Beppe, che a mio avviso, fu la completa riscrittura in termini più moderni, democratici e confacenti alle esigenze di oggi dell'intero statuto del 1871, ormai superatissimo, come si è potuto capire dai pochi cenni fatti più sopra.

Questo nuovo statuto ribalta completamente il concetto secondo il quale i cittadini virlesi non possono far parte dell'Amministrazione, favorendo anzi la presa di coscienza e di responsabilità ( e vorrei fare un particolare cenno al concetto di responsabilità), che ormai ricade totalmente sulla comunità virlese circa i futuri destini dell'Istituto. Un aspetto troppo poco noto del nuovo statuto - e sorvolo su aspetti più tecnici - è l'istituzione dell'Assemblea dei Soci, che consente a qualunque cittadino virlese di partecipare, sia pure in misura abbastanza minima e senza assumersi gravosi impegni diretti, alla vita comunitaria e amministrativa della Casa di Riposo. A titolo esemplificato si può partecipare all'Assemblea che approva i bilanci consuntivi e partecipare attivamente o passivamente all'elezione degli Amministratori e dei revisori dei conti, proporre idee per una migliore gestione della Casa di Riposo o su come sistemare o comunque utilizzare il Castello, e così via. Si tratta quindi di coinvolgere sempre più la cittadinanza virlese nella vita dell'Istituto, istituto che potrà continuare a vivere, d'ora in poi, solo se si troveranno virlesi di buona volontà disposti a farsi carico dell'intera amministrazione della Casa di Riposo. In conclusione, il presente articolo si pone come proposito quello di rivolgere un appello a tutte le persone di buona volontà che sicuramente a Virle non mancano, come dimostra l'attività di molte associazioni di volontariato già presenti sul territorio.

Per iscriversi all'assemblea dei soci è sufficiente compilare l'apposito modulo in distribuzione presso la segreteria della Casa di Riposo cui ci si può rivolgere in orari d'Ufficio.

 

Un Gioiello Virlese

Il paese di Virle dispone di tante bellezze, opere architettoniche e altre opere d'arte. Di questa realtà, noi virlesi tendiamo a sottovalutare il valore. Forse perché ne valutiamo solo i costi di manutenzione, o forse perché, essendo sempre vissuti a Virle, tendiamo a considerare il nostro patrimonio artistico come una cosa normale, simile a quel che c'è in tutti i paesi vicini. Mentre invece i paesi vicini al nostro dispongono di un patrimonio architettonico e artistico di entità assai inferiore al nostro.

Tra tutte queste bellezze, una è stata restaurata molto di recente e all'insaputa di quasi tutti. Si tratta degli affreschi del salone principale del Castello dell'Istituto, con risultati a pio parere splendidi. L'operazione è stata fatta sotto la strettissima sorveglianza della Soprintendenza competente, che non si è limitata ad approvare il progetto, ma ha controllato l'andamento dei lavori compiendo numerosi sopralluoghi di suoi funzionari ed ha praticamente designato anche l'imprese esecutrice. Questa impresa, infatti deve essere molto esperta in opere di restauro di questo genere, con maestranze altamente specializzate e di fiducia della Soprintendenza stessa. Per l'esattezza si tratta di una Cooperativa denominata, "Koinè Conservazione Beni Culturali S.c.r.l." con sedi a Roma e a Baldissero Torinese. Il restauro è stato eseguito secondo le tecniche più avanzate in materia, ed il costo è stato affrontato quasi interamente con contributo regionale.

Personalmente ho avuto modo di visitare il cantiere a lavori quasi finiti, una volta con i ponteggi ancora montati, ed una seconda volta a ponteggi smontati. Il mio personale giudizio, forse influenzato dalle mie deformazioni professionali, è che il risultato sia splendido ed entusiasmante, da lasciare quasi senza fiato. Il restauro, infatti, non si è limitato alle parti dove gli affreschi erano danneggiati dalle infiltrazioni d'acqua, ma ha coinvolto tutti gli affreschi. E questo perché, durante alcuni secoli da quando è stato realizzato il dipinto, lo stesso non aveva mai subito restauri o puliture, se non di entità marginale, e con il tempo si era formato un considerevole strato di polvere e sporcizia, che non lasciava intravedere i veri colori utilizzati originalmente dal pittore Dallamano. In questa parte è stato effettuato un accurato lavoro di pulizia, per cui l'aspetto attuale dell'intero salone coincide con quello che era stato il dipinto in origine (o quasi), e cioè molto diverso da quello che siamo abituati a vedere, con colori molto più chiari; molto più luminosi e molto più vivaci, e nello stesso tempo molto più armoniosamente coordinati tra di loro, per cui chi lo vedrà d'ora in poi avrà bella sorpresa. Un particolare ringraziamento per questo intervento deve andare alla Regione, che ha finanziato quasi per intero l'opera, all'Amministrazione dell'Istituto per aver promosso e seguito l'iniziativa, alla Soprintendenza, per essersi fatta carico di tutte le problematiche tecnico - artistiche ed anche alle ragazze che hanno eseguito materialmente i lavori, le quali, pur di rispettare le scadenze che erano previste, hanno accettato di lavorare anche nei mesi di dicembre e gennaio, completamente al freddo, non essendoci un impianto di riscaldamento nel Salone.

Un'altra opera realizzata di recente dall'Istituto è una parziale ristrutturazione dei fabbricati della casa di riposo: sono stati realizzati alcuni bagni di cui l'Istituto era carente rispetto alle normative regionali in materia, ma soprattutto è stato rifatto completamente il corridoio che collega i locali dell'ex refettorio (ora locale di soggiorno) con il reparto principale. Il nuovo corridoio è stato costruito di larghezza molto superiore a quello di prima, e con la parete rivolta verso il giardino completamente vetrata, per cui, di fatto, il corridoio viene utilizzato anche come locale di soggiorno. La parete vetrata consente agli ospiti, stando al caldo, di avere la veduta su tutto il giardino, con la gente che va e viene, veduta che, almeno nella buona stagione, è abbastanza gradevole, e comunque più gradevole per gli ospiti rispetto allo starsene per tutto il tempo in un soggiorno al chiuso, magari guardando la televisione come unico passatempo.

 

L'Archivio del Conte

Quando le suore lasciarono l'Istituto presero con sé le cose di loro proprietà e lasciarono ciò che era di proprietà dell'Istituto stesso. Subito dopo venne nominato Presidente - facente funzione (ricordo che il Presidente dell'Istituto è e rimane, per volontà della Fondatrice, il Cardinale di Torino), l'allora parroco di Virle Don Beppe Cocchi, il quale chiamò a collaborare con lui alcuni virlesi, tra cui il sottoscritto. Tra i primi problemi che si presentarono ci fu quello di una catalogazione e di una sistemazione dei beni presenti, operazioni che vennero svolte con solerzia e buoni risultati. Nel sottotetto, in uno degli armadi più nascosti e ricoperto da un telo di plastica per proteggerlo dalle infiltrazioni d'acqua del tetto allora malandato (che poi fu restaurato), vi era l'archivio". Ad un primo esame frettoloso era sembrato essere l'archivio degli ultimi decenni di attività dell'Istituto, perché conteneva anche documenti recenti, e quindi non particolarmente importante. Quell'armadio fu, quindi, lasciato lì dov'era, con la sua copertura in nailon per evitare danni all'archivio e all'armadio. Un giorno però, decidemmo di effettuare un esame più approfondito del contenuto di quell'armadio e scoprimmo che si trattava di tutt'altra cosa: si trattava dell'archivio della nobile Famiglia dei conti Asinari di Piossasco, di None e della Volvera, vale a dire l'archivio della famiglia che aveva promosso la costruzione del castello e ne era rimasta proprietaria fino alla sua estinzione, nell'anno 1863. L'archivio, composto di ben 181 faldoni, parte dall'anno 1200 circa e copre quindi un arco di tempo di ben 650 anni, quasi senza soluzione di continuità. A questo punto decidemmo di segnalare la presenza di questo archivio storico alla Soprintendenza Archivista dello Stato di Torino. La Soprintendenza inviò un funzionario per un primo sopralluogo, e questi rimase ottimamente impressionato dalla consistenza, antichità e valore dell'archivio stesso. Propose all'Amministrazione dell'Istituto una Convenzione nella quale era previsto, sostanzialmente, che il detto archivio venisse portato a Torino, presso l'Archivio di Stato, e lì accuratamente ripulito e restaurato, studiato dagli esperti della Soprintendenza stessa , quindi messo a disposizione di eventuali studiosi interessati e soprattutto custodito contro il rischio di furti. Tutto questo mentre la piena proprietà dell'archivio rimaneva dell'Istituto S. Vincenzo de' Paoli di Virle Piemonte, la quale poteva e può tutt'ora richiederne la restituzione in qualunque momento, purchè si ritenga in grado di garantire la sicurezza contro i furti e la consultabilità da parte de esperti interessati. L'Amministrazione dell'Istituto accettò la proposta, cui venne data rapida attuazione.

Prima di trasferire materialmente l'Archivio a Torino, tuttavia, la Soprintendenza inviò a Virle alcuni funzionari particolarmente esperti, i quali provvidero ad esaminare in modo sistematico il contenuto dei 181 faldoni e redassero uno "uno stato di consistenza" dell'archivio stesso. In questo "stato di consistenza" viene sinteticamente riassunto il contenuto di ogni faldone, per cui già questo è uno strumento utile per farsi un'idea abbastanza precisa dei contenuti, per quanto possibile per un profano della materia quale è il sottoscritto. Bisogna ricordare, infatti che tutti questi documenti sono scritti nella lingua corrente delle varie epoche, a partire dal 1200 fino al 1800, e quindi quelli dei primi secoli sono scritti in una lingua che sta a metà strada tra il latino e l'italiano, e forse c'è anche del piemontese, e poi si "italianizzato" sempre di più fino al 1850. Per quel che riguarda l'esperienza del sottoscritto, posso dire di non essere riuscito a comprendere quasi nulla anche leggendo i documenti più recenti, pur essendo scritti con calligrafie molto eleganti e raffinate. In un colloquio che ebbi con i funzionari della Soprintendenza, una di loro che era stupita di quanto scopriva nella sua ricerca di faldone in faldone esclamò "Certo che l'Italia è un paese fortunato: anche i paesini più piccoli hanno i loro tesori d'arte" e io le chiesi "ma il valore di questo archivio è così grande da poter essere definito un vero tesoro?" e lei "Si, il valore di questo archivio è veramente notevole, una rarità tra gli archivi delle famiglie nobili, perché le altre famiglie nobili di Torino e del torinese sono sempre molto incompiuti se non quasi inesistenti. Infatti, nel corso dei secoli gli archivi di molte nobili famiglie venivano smembrati ad esempio in occasione di divisioni ereditarie, guerre, incendi, trascuratezze nella conservazione, furti, vendite, mentre il vostro archivio si è mantenuto completo (o quasi) ed in buone condizioni per ben otto secoli". A questo punto volevo chiederle quale potesse essere, a suo avviso, il valore economico dell'archivio, nell'ipotesi di una sua eventuale vendita - preferibilmente allo Stato - per far fronte col ricavato alle necessità sempre impellenti dell'Istituto senza ricorrere alla vendita di terreni come unica risorsa per reperire capitali per le ristrutturazioni o nuove edificazioni della Casa di Riposo: Ma non osai formulare la domanda.

Nel seguito del presente articolo, quindi, ho scritto basandomi su quanto riportato sull'Elenco di Consistenza redatto dai Funzionari della Soprintendenza in Italiano di oggi e soprattutto scritto a macchina.

Copia di questo Elenco di Consistenza è disponibile presso gli uffici dell'Istituto, e chi fosse interessato a consultarlo può prenderne visione negli orari d'Ufficio. Una fotocopia è anche in possesso del sottoscritto, ed anch'essa può essere consultata da chi lo desidera. Naturalmente l'intero archivio originale è anch'esso consultabile presso la Soprintendenza ai beni Architettonici di Torino, con l'avvertenza che ho detto più sopra circa il tipo di linguaggio in cui sono scritti. Praticamente ritengo che soltanto degli esperti del settore siano in grado di capirci qualcosa.

Nell'archivio, dunque, sono registrati tutti i principali fatti di famiglia, quali nascite, morti, matrimoni, "monacazioni", contabilità "aziendale" dei feudi, testamenti, "investiture" "consegnamenti", acquisti e cessioni di beni o diritti, inventari, alberi genealogici della propria e di altre famiglie nobili con cui la famiglia del Conte è venuta in contatto durante i secoli: Dire "contatto" è spesso un eufemismo; infatti i "contatti" tra famiglie nobili, forse perché i nobili avevano poco da fare dalla mattina alla sera, sfociavano spesso in liti lunghissime che avevano per oggetto gli argomenti più svariati, quali presunte usurpazioni di titoli nobiliari (ai quali titoli erano associate, probabilmente, delle rendite) che si ritengono propri da parte di altri nobili; oppure diritti di vario genere su proprietà, fino sl diritto di uso di forni per la cottura del pane (faldoni n° 91 e n°92) o di pozzi per l'acqua potabile: All'argomento "liti" e simili, è dedicata la parte più consistente di tutto l'archivio. Da segnalare che il faldone n° 136 è interamente dedicato a "Atti di lite per il porto del baldacchino" nelle processioni del paese. Non sono riuscito a scoprire se si riferisca a tutte le processioni che si facevano o soltanto ad alcune. Naturalmente non c'erano liti soltanto fra nobili, ma anche tra sudditi e feudatario, sudditi tra loro (i quali si rivolgevano al feudatario perché facesse da arbitro, presumibilmente), feudatario contro comunità locali (Comuni). Da segnalare in special modo i litigi con l'altra famiglia nobile virlese dei Romagnano, ma anche con la comunità virlese rappresentata dal Comune, liti che si protrassero per secoli. A Virle rimane ancora il ricordo di una delle ultime di queste liti, quella per la proprietà della Piazza oggi denominata Piazza Vittorio Emanuele II°, conclusasi con la vittoria del Conte contro il Comune, per cui ancora oggi la proprietà della principale piazza del paese, stranamente, non è del Comune ma dell'Istituto, erede attuale di parte dei beni del Conte Asinari di Piossasco, per tramite della moglie Enrichetta Birago di Vische: Altre singolarità che vale la pena di notare sono la presenza di molte decine di pergamene nei faldoni dei primi secoli e, nel faldone n° 115, anche un codice miniato. Sorpresa al faldone n° 133; ben quattro disegni originali del Castello, o Villa, come sarebbe più corretto dire: Ma sull'argomento Castello o Villa che dir si voglia, di chi ne ordinò la costruzione; chi la progettò e così via mi riprometto di scrivere una prossima volta.

A proposito dei beni dei Conti Asinari di Piossasco nel corso dei secoli essi dovevano essere assai più cospicui di quanto comunemente si ritenga a Virle. Nei vari faldoni sono segnalate proprietà o comunque interessi economici in molti comuni del torinese, quali, oltre a None, Volvera, e Piossasco, anche a Rivalta; Orbassano (Cascine S. Dalmazzo e Parpaglia); Beinasco (Cascina Gonzole); Airasca; Cumiana; Scalenghe; Castagnole; Candilolo; Piobesi; Coazze; Grugliasco; Rivoli. Naturalmente non è detto che abbiano posseduto tutte queste proprietà contemporaneamente, o che ne abbiano vendute alcune per comprarne altre, ma quello che mi pare emergere con chiarezza è che il piccolo feudo di Virle non fosse molto importante per i Conti Piossasco di None e della Volvera, che le proprietà di Virle fossero di secondaria importanza: Infatti nell'archivio il feudo di Virle viene nominato poche volte, e quasi solo per parlare dei contrasti con i Romagnano e le liti col Comune. Le cose cambiarono con la costruzione del Castello o Villa di Virle, che divenne residenza estiva del Conte, ma questo avvenne alla metà del diciottesimo secolo, appena un secolo prima dell'estinzione della dinastia e la fine della storia dei Conti Asinari di Piossasco, di None e della Volvera:

Infine ci sono due faldoni, il n° 105 e il n° 106 dedicati a "Documenti vari relativi agli interessi della Contessa Enrichetta Birago di Vische, sposata con il Conte Giuseppe Benedetto Piossasco, di None e della Volvera". Come noto questa contessa sopravvisse seppure di pochi anni, alla morte del marito ed è colei che fondò l'Istituto S. Vincenzo de' Paoli in Virle. Ritengo che anche la Contessa Enrichetta Birago di Vische fosse piuttosto ricca di suo e che anche per lei le proprietà di Virle fossero solo una parte non molto grande delle sue proprietà. Per stabilire queste cose con certezza bisognerebbe consultare in modo completo e accurato i faldoni dell'archivio che la riguardano, mentre il sottoscritto ha potuto consultare solo l'"Elenco di Consistenza" dell'archivio ed il Testamento, dal quale traspare che gli altri beni siano stati alienati a favore dei parenti con atti tra vivi, all'infuori di quelli Virle destinati per sua volontà (e, ritengo, anche quella del marito) a costituirsi in Ente di Beneficenza, come poi è avvenuto.

 

Il Turismo della Nostalgia

In occasione della manifestazione del 14 settembre 2003 denominata "Città d'arte a porte aperte", cui il Comune di Virle aderisce ormai da alcuni anni, sono stato invitato a fare da guida ai gruppi di turisti che visitavano il Castello dell'Istituto, e specialmente di illustrare gli affreschi del salone principale ed i relativi recenti lavori di restauro cui sono stati sottoposti. Ho trascorso in questa attività l'intero pomeriggio della domenica, ed ho avuto non poche sorprese circa la "qualità" dei turisti che hanno visitato il Castello. Direi che questi ultimi si possono dividere in due categorie: i turisti "normali", che al termine delle mie spiegazioni solite non avevano nessuna domanda da fare, o facevano qualche domandina più o meno scontata, ed i turisti "nostalgici", che invece chiedevano insistentemente di poter visitare anche altre parti del Castello escluse dalle visite perché meno interessanti e soprattutto non in buone condizioni di manutenzione. Si tratta di turisti di sesso quasi esclusivamente femminile, di età oltre i quarant'anni (media sui sessantacinque), tutte ex-allieve dell'Istituto in visita di nostalgia sui luoghi della loro gioventù. Non immaginavo fossero così tante ed affezionate, e venivano accompagnate da mariti, figli, nipoti, amici, in una visita che per loro aveva un significato molto diverso rispetto agli altri turisti. Ponevano un mucchio di domande su tutta la storia dell'Istituto dai "loro tempi" fino ad oggi (a volte più di quarant'anni) e, specialmente, chiedevano di visitare le loro aule, che ricordavano perfettamente, il refettorio e, soprattutto i dormitori, cui tenevano più di tutto. Per molte di loro era più importante visitare gli antichi dormitori (come noto, oggi non visitabili) rispetto al salone affrescato. E questo per due ragioni, come mi è stato spiegato. La prima è che nei dormitori si è svolta la parte più intima della loro esperienza nel collegio virlese, e per questo la più ricca di memorie e quindi ricordata con maggiore affetto. La seconda, non disgiunta dalla prima, è che i dormitori si trovavano, come noto, all'ultimo piano del castello, e dalle finestre si domina il paesaggio dell'intero paese di Virle e della campagna circostante. Un'ex allieva di una certa età mi confidava: "…di lassù vedevamo spuntare la primavera nella campagna intorno a Virle, e a noi pareva di essere escluse da questo avvenimento, recluse com'eravamo in questa sorta di prigione dorata …eppure, molti anni dopo, mi sono resa conto che questi erano stati i migliori anni della mia gioventù, la mia vera primavera…". Anch'io sono un ex-allievo dell'Istituto, anche se non ho frequentato i dormitori perché ero convittore esterno (i maschi erano accettati soltanto come esterni, come noto, per comprensibili ragioni logistiche), tuttavia comincio anch'io ad avere un'età in cui non si è più insensibili alla nostalgia per i tempi della prima gioventù, e mi sono sentito uno di loro. Tanto più quando mi è successo un episodio cui voglio soltanto accennare. Tra le tante ex-allieve che sono venute in visita di nostalgia è venuta anche una mia ex compagna di scuola e di banco (per un anno). Non la vedevo da più di trent'anni, ed era una delle ragazze più carine della classe con un carattere che di solito si definisce "un peperino", ed ancora adesso è una splendida donna, il cui carattere è rimasto immutato. L'ho riconosciuta subito nel gruppo cui era aggregata, mentre lei ha finto di non riconoscermi. Ha ascoltato la mia solita spiegazione sul salone e sugli affreschi senza molto interesse, quindi io l'ho avvicinata e le ho chiesto: "ma tu non sei S. G., mia compagna di scuola nelle medie?". Lei ha balbettato: "… sì, io sono S. G., ma di te non mi ricordo". Tuttavia ha ammesso di essere ex-allieva, di aver frequentato le scuole medie negli stessi anni in cui le ho frequentate io, e poi mi ha chiesto anche lei di visitare il resto del Castello e specialmente i dormitori. Con rammarico non l'ho potuta accontentare. Lei ha insistito per vedere almeno un'aula a lato del salone affrescato e, visto che la porta era aperta, l'ho fatta sbirciare sulla scala centrale del Castello, quella che va dal sotterraneo fino al tetto. Anche questa scala, pur in cattive condizioni di manutenzione, le rievocava moltissimi ricordi che non è il caso di raccontare in questa sede. Ci siamo lasciati salutandoci calorosamente, e anche la memoria sulla mia identità le era tornata perfettamente. Sì, anch'io faccio parte del popolo dei "turisti della nostalgia".